Se questo per voi è il matrimonio, tenetevelo!
di Costanza Miriano
Faccio una proposta: separiamoci tutti. Se lo Stato dovesse dare una valenza pubblica alle unioni di persone dello stesso sesso, se addirittura dovesse passare il ddl Cirinnà, che non solo dà un riconoscimento alle convivenze di persone indipendentemente dal sesso, ma le equipara in tutto tranne che nel nome al matrimonio, ritengo che noi che investiamo nella famiglia ci dovremmo separare civilmente.
Tanto, adesso, col divorzio breve è un attimo, si fa prima a rompere un matrimonio che a cambiare gestore telefonico. Se la Cirinnà dovesse diventare una legge il matrimonio non sarebbe più il riconoscimento pubblico di qualcosa che costruisce un beneficio comune – cioè essere disposti a mettere al mondo persone e a farsene carico in modo stabile fino a quando loro a loro volta non saranno in grado di provvedere a sé e alla società – ma sarebbe solo un sigillo su un sentimento.
Io e mio marito siamo d’accordo (per la precisione, l’idea è sua): per i sentimenti non abbiamo bisogno dello Stato. È una cosa che ci vediamo tra noi. Più profondamente tra noi e Dio. Quel tipo di sigillo sulla nostra unione non ci interessa, anzi ci sembra un’intollerabile intromissione dello Stato nella nostra sfera privatissima e inviolabile. Volete il matrimonio? Tenetevelo. A noi non interessa così, in questa forma depotenziata di valore simbolico, svuotata di garanzie reali, resa un ologramma. Senza contare che a essere separati rimanendo insieme ci sono invece un sacco di vantaggi fiscali. Volete che qualcuno vi dica ufficialmente che love is love? Be’, a noi non interessa, lo sappiamo cos’è love (sappiamo di non sapere: il sentimento da solo è una cosa misteriosa e inaccessibile alle regole, a volte persino a noi stessi), e non ci serve a niente definirlo davanti a un ufficiale della circoscrizione (che tristezza, tra l’altro).
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