Il gender a Sanremo? Noi cambiamo canale
di Mario Adinolfi
I conti non tornano. Apriamo oggi il giornale sugli Stati Uniti che, avendo avuto un anno di ripresa economica, tornano massicciamente a investire. Da noi la ripresa non si vede, in compenso le spese senza senso non mancano mai.
Tra pochi giorni il festival di Sanremo guidato da Carlo Conti ci regalerà pagine di propaganda all’ideologia del gender che costeranno ai contribuenti italiani oltre centomila euro. Caro conduttore, che ci stai anche simpatico, sappi che non basta la mossa cerchiobottista di portare sul palco delle canzonette anche una famiglia numerosa per provare a riequilibrare con classica mossa Rai dei conti che non tornano.
Le paraculate qui non attaccano, siam gente sveglia, coprirsi le spalle con i sedici figli di una bella famiglia per farci inghiottire l’ideologia gender è considerarci cretini. E l’Italia popolare che guarda Sanremo si vuole divertire, non sentirsi trattata da imbecille, perché noi ai nostri figli teniamo: li educhiamo al maschile e al femminile e sanno che le loro certezze si chiamano papà e mamma. Non l’indistinto della notte in cui tutte le vacche sono nere, dove tutto è confuso, basta mettersi un vestito da donna e tenersi la barba, non aver mai pubblicato un album di canzoni e essere invitati al festival di Sanremo come “ospite d’onore”, evidentemente non per cantare, ma per fare propaganda a favore di un’ideologia.
Comunque, caro Conti, te lo diciamo chiaro: se c’è il gender, noi cambiamo canale. Liberi voi di pagare con i nostri soldi la propaganda che volete. Liberi noi di non guardarvi. Almeno questo ci sarà concesso.
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